sabato 8 agosto 2015


Lettera a Frida Futura sulla lentezza

Ho voglia di scrivere direttamente a te Frida. Alla Frida Futura che tra qualche anno leggerà, mi auguro, queste parole. 

È da poco passata la mezzanotte. Una di quelle notti estive di melassa in cui restano impigliati i pensieri più vaporosi, i sogni spezzati e i ricordi che danzano su pavimenti caldi di musica. In casa il tessuto del silenzio è come una filigrana attraverso la quale puoi sentire scricchiolare le ossa del giorno che muore.

Dei cani lontani si chiamano nella loro lingua incomprensibile e qualche uccello notturno strepita lanciandosi all'attacco. Io ti guardo mentre dormi nella tua culla, facendo lo sforzo enorme di realizzare il fatto che sei mia figlia. La mia bambina. 

Frida - 7 agosto

Non è così facile fare spazio nel proprio cervello - che con il passare del tempo somiglia sempre più a quelle stanze intime un cui accatasti tanta roba raccolta nel tuo viaggio nella vita, cumuli di oggetti che per altri possono sembrare ciarpame, ma che invece ti definiscono con precisione inimmaginabile -  dicevo non è facile trovare un posto adeguato a un pensiero così grande. Così ingombrante. Ho vissuto la mia vita nella assoluta certezza di non volere figli. Ormai ero certo della mia proclamata antigenitorialità. 

E poi sei arrivata tu, con la tenacia di certi avventurieri che pur di esplorare un nuovo Mondo sarebbero pronti a lacerarsi le carni  e ad affrontare tutti i venti contrari.

Nove mesi non sono bastati a fare pulizia in quella stanza della mia testa. 41 anni di accumulo hanno reso quel posto come uno sgabuzzino. Ma negli ultimi undici giorni, da quando il 27 luglio ti ho visto uscire dal corpo di tua madre urlante, i "lavori in casa" nel mio cervello hanno subito una improvvisa accelerazione. Ora dopo ora il tuo nome diventa sempre più imponente e luminoso dentro quello spazio mio che dice chi sono. Le tue radici si intrecciano alle mie, quelle profonde, e comincio a capire che in me batte il tuo cuore.

Giorno dopo giorno ti vedo cambiare. Sei tu eppure non sei tu. Sei un TU in divenire. Pochi minuti fa  ti guardavo scivolare nel sonno mentre ti cullavo nell'incavo dei miei avambracci. Quando ti tengo nel mio abbraccio non mi distraggo. Non guardo la tv. Non ho il cellulare accanto. Non faccio altro che stare con te. Voglio assaporare lentamente il momento.

Frida sul fasciatoio - 1 agosto

Così ho potuto scrutare i tuoi lineamenti. Li ho trovati addolciti rispetto a pochi giorni fa. Come ammorbiditi da un alito caldo che modella una cera. E gli occhi più grandi e presenti. Meno vaganti. Ho notato che quando sospiri c'è come il disegno abbozzato di Frida Futura, un accenno leggero della donna che sarai e che spero di conoscere.

Vorrei dirti tante cose Frida, ma ne avrò il tempo. In questo diario a forma di blog ci scopriremo goccia a goccia, senza far scorrere velocemente gli istanti, ma provando a fermarli in una vertigine di parole. Con lentezza. 

Un giorno lontano mi piacerebbe che tu continuassi questo diario, che facessimo diventare questo blog una partitura a due voci. Ma ora corro troppo, come fanno sempre quelli della specie a cui appartieni: gli esseri umani. 

Io ti auguro invece, cara Frida, che a te sia data la possibilità di innamorarti della lentezza. In fondo come scrive un autore che ho amato particolarmente (Milan Kundera): "C'è un legame stretto tra lentezza e memoria, così come c'è un nesso fortissimo tra velocità e oblio". 

Questa notte, scrivendoti, Frida, ho un po' rallentato il tempo e spero di aver conservato un pezzo di memoria che ci nutrirà negli anni a venire. Con lentezza ho scelto le parole. Con lentezza ho guardato  in me alla ricerca delle sensazioni più vere. La lentezza ci salverà piccola mia. O almeno ci darà questa impressione.

Buona notte Frida Futura, ovunque tu sia.  





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