Se io dovessi dare un consiglio, uno solo, a una donna in procinto di partorire per la prima volta sarebbe questo: “Non chiedere come sarà il parto a una donna che l’ha già fatto”.
Perché? Perché i racconti di chi ha partorito spaventerebbero anche un duro come Chuck Norris. Nei racconti di chi ha già messo al Mondo un figlio ci sono tutti gli elementi del pulp-horror: sofferenze indicibili, sangue, cordoni soffocanti, profusione di liquidi e dolore. Ancora dolore e tanto dolore.
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Illustrazione di Mary Clark Ladd |
La scena è sempre la stessa e si ripete (da un punto di vista narrativo) con rassicurante schematicità. Come se un autore dalla vena caustica avesse scritto una sceneggiatura terrificante e spassosa allo stesso tempo, che tutte le ex-partorienti hanno imparato a memoria. Le uniche variabili hanno a che fare con i dettagli del parto.
Ecco la sequenza.
Incontri per caso la mamma che apprende la notizia. Subito la vedi indossare il suo sorriso più smagliante. È felice per te, ti dice che è la cosa più bella che possa capitarti, che è lo sconquasso sublime della tua vita.
Simona si passa le mani sulla pancia che ormai è cresciuta e, pur senza essere grossa come un pallone ad elio che non vuole alzarsi da terra, ha tutta la dignità di “pancia da gravidanza” (fino a poco fa potevi scambiarla per lo stomaco gonfio di una alcolizzata dedita a serate di birra e vino). Poi dice con la voce rotta da un autentico e sottile terrore, con quel tono di chi non vuole altro che essere rassicurata: “Ho solo paura per il parto”.
Qui il volto della mamma subisce una lieve mutazione. Quasi impercettibile, ma se osservi con attenzione te ne accorgi. Le labbra hanno sempre la forma di un sorriso, ma diventa più stirato, come incrinato da una certa perfidia. Negli occhi brilla la luce di un ricordo e l’espressione si colora di quelle sfumature che hanno i saggi quando raccontano di esperienze che serviranno al progresso dell’umanità.
Comincia sempre così: “Ma no Simona non devi preoccuparti. Figurati”.
Pausa.
Simona fa l’errore di chiedere: “ a te come è andata?”.
Improvvisamente la mamma diventa un narratore. Anche chi non si è mai presa la briga di raccontare una storia al proprio figlio la notte prima di addormentarsi, ora tira fuori una vena da scrittore da fare invidia a Stephen King e John Grisham.
Qui vanno in scena le variazioni sul tema:
“Guarda per me è stato terribile. Ho avuto 11 ore di travaglio” (giuro non sto esagerando, una ragazza ha detto questo e io c’ero). Vedo la faccia di Simona trascolorare. Mi guarda come a dire: “perché non lo fai tu il bambino?” e sento la stretta della sua mano che si fa più tesa nella mia. E poi il racconto va avanti con dettagli raccapriccianti di dolori inauditi. Ma tutto raccontato con simpatia, con divertimento, con quel sano eroismo che contraddistingue una madre-coraggio.
Un’altra ci ha raccontato del proprio figlio che stava per essere strangolato dal proprio cordone ombelicale. “Aveva il colore di quella sciarpa lì la sua faccia” indicando un capo d’abbigliamento viola scuro.
Un’altra le ha narrato del proprio figlio che stava per morire soffocato nella sua placenta perché non so come era fuoriuscito “quasi tutto il liquido” e non aveva più di che respirare.
Un’altra ha detto “hai presente il dolore delle coliche, moltiplicalo per 10”. (io quel dolore una volta l’ho provato e se lo divido per due pure mi sembra insopportabile!)
Un’altra ancora ha avuto il problema che la bambina era così grande (alla fine pesava 5.3 kg) che dopo tutto il travaglio in cui questo ibrido tra “essere umano” e “essere manzo” non voleva saperne di uscire da una fessura troppo piccola per la sua stazza, ha dovuto ricorrere al cesareo.
Il parto è il vero spauracchio di ogni donna incinta. Almeno così credo, non ho una statistica precisa, ma per esperienza diretta lo sono quasi certo.
Così come è sicuro che qualcosa di provvidenziale nella memoria di una donna aiuta a cancellare il suo ricordo traumatico, altrimenti ci sarebbero solo figli unici. Anzi chi è già alla seconda gravidanza (e a maggior ragione per quelle eroine folli che arrivano anche alla terza - lasciamo stare quelle dalle 4 in su: qui si parla di abominio) vive con più rilassatezza il momento del "delivery" (per dirla all'inglese, termine che mi piace molto).
Certo già sanno a cosa vanno incontro, direte voi. Ma se a me dovessero dire: "tu hai già avuto una colica, quindi sarai più rilassato alla seconda", io guarderai questo mentecatto con occhi pietosi e increduli.
La verità, in sintesi, è che non ho consigli da dare in quanto maschio (e quindi gioioso invertebrato che godrà della nascita della sua figlia senza il travaglio del momento) se non quello riportato all'inizio: se una donna volesse raccontarvi il suo parto, mettetela a tacere! In tutti i modi possibili. Violenza compresa.
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