giovedì 19 marzo 2015


La festa del papà, San Giuseppe e i calzini

In mezzo a quell’esercito di sfigati celestiali che sono i Santi (il mio non è un giudizio di valore, ma come definire un enorme gruppo di persone morti: con gli occhi cavati, bruciati sulla graticola, crocifissi a testa in giù, lapidati, trafitti da decine di frecce, decapitati, squartati, lacerati? E quando non erano “benedetti” da queste uccisioni degne di una sceneggiatura di Tarantino, se la passavano piuttosto male tra povertà, privazioni, stimmate e altri doni del Signore), uno mi è particolarmente simpatico: San Giuseppe.

A lui è dedicata la festa di oggi. La terribile FESTA DEL PAPÀ. Quest’anno per me sarà l’ultima vissuta da solo figlio, l’anno prossimo salterò la barricata e diventerò anche festeggiato. Non più solo figlio, ma anche padre.


Povero San Giuseppe, non poteva che essere lui il “Patrono” di una celebrazione così sottotono e arrancante. Lui che si è ritrovato un figlio senza nemmeno aver toccato la propria moglie (e pensa che complesso di inferiorità immane avrà avuto nel sapere che aver messo incinta la sua sposa fu nientemeno che Dio!). Lui che nei racconti evangelici non è nemmeno attore non protagonista, ma poco più che comparsa parlante. Lui che nella capanna del presepio sembra essere il nonno di Gesù, tanto si porta male i suoi anni. Lui che è diventato Santo non perché ha fatto chissà quali miracoli o ha subito chissà quali martiri, ma solo perché ha accettato in silenzio un pargolo non suo (vabbè che si tratta di un “bambinello” speciale, però se questo è il criterio della santità a questo punto quanti santi sono nascosti tra di noi. E molti neppure lo sanno!!)

Comunque il buon San Giuseppe, figura sfocata e ingobbita del trittico della natività, è il perfetto rappresentate della snobbata Festa del papà. Il fatto che nessuno mai se ne ricordi è la metafora stessa della figura paterna che spesso diventa poco più che un orpello silenzioso in quel bellissimo percorso (talvolta a ostacoli) che è la gravidanza. Il padre è quello a cui tutti gli altri chiedono come sta la madre. Il padre è quello che la ginecologa non guarda neanche quando dà le sue indicazioni (a volte mi sento come se fossi il personaggio di Ghost - certo meno bello di Patrick Swayze) o elargisce i suoi sorrisi. Il padre è quello che deve correre a raccogliere le fragole a febbraio sotto una serra per soddisfare la voglia improvvisa della moglie incinta. Il padre è quello che nella grotta-capanna del 25 dicembre fa meno figura rispetto al bue e all’asinello. 

La festa del papà per me è sempre stata la telefonata di mia madre al mattino che mi dice: “ti sei ricordato di fare gli auguri a tuo padre?”. 
E io: “sì, sì… stavo per chiamarlo” (certo, come no). 
E poi mia madre aggiunge sempre: “Guarda che ho preso dei calzini e una maglia intima per papà, da parte vostra”. 

Santa donna! Non ricordo mai un regalo comprato di nostra volontà da parte mia e dei mie fratelli. Quindi in poche parole la festa del papà è la festa del calzino (o per i più chic: della cravatta). È il trionfo di questo regalo tanto utile, quanto squallido nella sua trita ripetitività. 

Allora, se un giorno leggerai questo post Frida, ricordati tre semplici cose:
  1. Se non ti ricorderai della festa del papà non solo non mi offenderò, piuttosto farò un regalo io a te a fine giornata.
  2. Se dovessi sciaguratamente ricordartela (la ricorrenza): evita i calzini (e le cravatte). È meglio se mi pianti un paletto di frassino nel petto, lo trovo meno avvilente.
  3. Se volessi lottare per qualcosa di poco importante, ma divertente nella vita: combatti per l’abolizione di questa festa e di tutte quelle che celebrano per un sol giorno chi dovrebbe  invece essere ricordato a prescindere (e quindi accomuno anche festa degli innamorati, della donna, e della mamma - che nella hit parade delle feste va proprio forte).
Buona Festa del Calzino… pardon.. del Papà a tutti!

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