mercoledì 15 aprile 2015


La terza pelle - i primi regali di Frida

Dispongo i regali che fino ad ora ha ricevuto Frida sul letto. Lo faccio spinto dal desiderio di vedere l'effetto che fanno. E resto in contemplazione.

I primi regali per Frida
Osservo per un tempo che mi sembra infinito. Li tocco piano per imprimerne la forma anche nella memoria delle dita. Mi viene in mente una frase di uno dei libri della mia vita (Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes): "Il regalo è contatto", ovvero una sorta di terza pelle tra colui che lo dona (la pelle di chi lo ha toccato, lo ha scelto) e chi lo riceve (la pelle di chi lo toccherà). 

Ad ogni piccolo oggetto che ci portano è come se la bambina prendesse più vita, anzi più consistenza.  Quei piccoli piedi che sono un'immagine vaporosa nella mia mente, assumono una corporeità di tenera carne, se me li figuro dentro le piccole scarpine (o pantofole?) con la faccia di coniglio che una nostra amica ci ha portato da Parigi. E quel cappotto rosa trasforma l'Idea della mia bambina in una Forma Umana che può sentire freddo e caldo, che sente sulla sua pelle la presenza di un tessuto. 

È un'impresa raccontare il momento dell'attesa. Per una madre sicuramente che vive dal "didentro" quella sinfonia in più movimenti che è la gestazione e che proprio perché così interiore e intima, non trova le parole (che sono pura esternazione). Ma anche per un padre, che da lontano (pur se così vicino, perché separato da suo figlio solo da pochi millimetri di pelle) non può che amare per immaginazione. L'attesa è un colloquio continuo con un fantasma che non vedi l'ora che acquisti un corpo. È un pensiero in forma di nuvola, una di quelle che in cielo prendono mille sembianze. 

Oriana Fallaci (sempre lei) scrive "Il frutto della paternità vi viene scodellato dinanzi come una minestra già cotta, posato sul letto come una camicia stirata. Non avete che da dargli un cognome se siete sposati, neanche quello se siete fuggiti". In questo caso non sono d'accordo con lei. Io sto allevando dentro di me il gusto di quel frutto, giorno dopo giorno. Io sto tenendo tra le mani l'orlo di quella camicia, ne sto saggiando col passare dei giorni il profumo del tessuto. Io non le darò solo un cognome (peraltro il mio non mi piace nemmeno), ma consegnerò nelle sue mani la mia voglia di renderla viva.

E ora di riporre quei piccoli regali nell'armadio. Di farli riposare nel buio dell'attesa. Sono lì che ti aspettano Frida... sono tuoi e sanno già di te. 


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